Un sistema di pannelli solari in orbita potrebbe inviare grandi quantità di elettricità in qualsiasi momento e in ogni angolo del pianeta.
Un sistema di pannelli fotovoltaici in orbita nello spazio per accumulare energia solare da rimandare in qualsiasi momento sulla Terra, dove sarebbe facilmente convertita in elettricità senza l’ausilio di combustibili fossili. Ci sta lavorando in ottica futura il Pentagono, con il supporto del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti e del Laboratorio della Ricerca Navale della Marina.
E i risultati del primo esperimento sono decisamente promettenti: a maggio 2020, il Pentagono ha spedito in orbita il drone senza equipaggio X-37B, che trasporta il Photovoltaic Radiofrequency Antenna Module (PRAM), un piccolo pannello solare 30 cm x 30 cm capace di trasmettere in qualsiasi punto del nostro pianeta 10 watt di energia per volta, sotto forma di microonde.
Pannelli solari in orbita per accumulare molta più energia
A rendere l’esperimento delle forze armate americane altamente significativo è il fatto che nello spazio un pannello solare è capace di raccogliere tutta l’energia solare disponibile. Compresa, cioè, quella che viene dissipata dall’atmosfera del nostro pianeta e che non raggiunge il fotovoltaico a terra: le blue waves che precedono gli ultravioletti nello spettro della luce e che tra l’altro costituiscono il motivo del meraviglioso azzurro del nostro cielo.
Una volta incamerata la riserva di energia solare, l’unità PRAM la rispedisce sulla Terra sotto forma di microonde, facilmente trasformabili in elittricità “fuel free”. Ovviamente, l’obiettivo è mandare in orbita dei sistemi di pannelli solari più grandi di “un cartone della pizza”, come scrive la CNN che ha dato la notizia per prima. Il PRAM è solo l’unita di misura della fattibilità di un progetto che a regime potrebbe garantirci quantità ingenti di elettricità, in qualsiasi momento e anche nelle zone più difficilmente raggiungibili dalla rete elettrica terrestre.
L’obiettivo è piazzare il fotovoltaico in orbita geosincrona
Per di più, attualmemte il drone X-37B si trova nell’Orbita Terrestre Bassa, ossia entro i mille km dal nostro pianeta. Una distanza così esigua esige un’altissima velocità di rivoluzione, così che X-37B completa un giro intorno alla Terra in circa 90 minuti, metà dei quali trascorsi nell’ombra. Un sistema di pannelli fotovoltaici portato in orbita geosincrona – ovvero che gira a un’altitudine di 36 mila kilometri rispetto alla Terra in circa 24 ore – potrebbe avere un’esposizione al Sole molto più prolungata e incamerare molta più energia.
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Pertanto, sia le dimensioni del sistema fotovoltaico, che i ricercatori ipotizzano in “dozzine di pannelli”, sia la sua distanza dalla Terra e di conseguenza la sua esposizione al Sole, presentano giganteschi margini di miglioramento rispetto alle condizioni sperimentali di adesso. Un progetto del genere si scontra con dei costi esorbitanti, ma promette di generare enormi quantità di energia elettrica a volontà e in qualsiasi zona della Terra, a patto che vi sia un’unità ricevente.
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Il prossimo step consiste nel testare l’emissione di energia verso la Terra, basata su una tecnica già nota, detta “retro-directive beam control”, grossolanamente traducibile come “controllo di un raggio retrodirezionato”. Il raggio sarebbe innescato proprio dall’antenna ricevente, in modo tale che il PRAM non potrebbe mai sbagliare la trasmissione e il modulo terrestre sarebbe pronto a captare le microonde.