Con i recenti studi della startup Wsense si punta a portare la comunicazione senza fili (Wi-fi) anche sotto la superficie marina. Molti i settori in cui la nuova tecnologia potrebbe essere implementata.
Una storia, quella della startup nostrana Wsense, che avrebbe sicuramente affascinato lo scrittore francese Jules Verne. Avere una rete di strumenti tra loro comunicanti che possono interagire a distanze variabili nel contesto di una rete sottomarina non cablata.
Un progetto ancora giovane – ma sicuramente ambizioso – che nasce tre anni fa come spinoff dell’Università La Sapienza di Roma dagli studi della Professoressa Chiara Petrioli, prorettrice dell’ateneo romano. Tornata in epoca recente a Roma dalla sua esperienza in terra statunitense, la è stata inserita nella lista delle 50 donne che hanno esercitato/esercitano maggior influenza nel campo della tecnologia (computer science).
L’obiettivo del lavoro del team è quello di ottenere big data sulle masse oceaniche e sui fenomeni naturali a ed esse connessi (ma anche sulla qualità dell’acqua, per esempio) coordinando le informazioni provenienti da una rete di sensori, robot, droni e oggetti intelligenti.
Ma per procedere su questo sentiero e su uno sviluppo sostenibile (quello della cosiddetta Blue Economy) di quell’habitat sottomarino che conosciamo dall’interno solo marginalmente, c’è bisogno di implementare una serie di tecnologie fra loro comunicanti.
Se infatti l’internet delle cose (denominata anche Internet of Thing, IoT) ha contribuito al miglioramento in termini di sicurezza e sostenibilità degli ambienti terrestri, altrettanto non si può dire di quello marino.
L’idea è quella di ricavare, anche in questo caso, una serie di dati (Big data) atti a dare una svolta più attenta finalizzata ad uno sfruttamento sostenibile dei contesti sottomarini attraverso nuove tecnologie a basso costo.
Come sostiene la Professoressa Petrioli, però, alcuni piccoli ostacoli renderebbero difficile l’implementazione della tecnologia usata nelle nostre reti wireless domestiche. Le onde radio usate nei sistemi Wi-fi in ambiente subacqueo, per esempio, si propagherebbero solo per pochi centimetri.
Anche i test condotti sulle onde acustiche hanno rivelato una problematica legata alle condizioni ambientali (disturbi al segnale provocato da rumori terzi). Così come le comunicazioni ottiche wireless (alte prestazioni, ma copertura limitata).
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Mettendo insieme tutte queste tecnologie il team della Professoressa Petrioli ha elaborato un nuovo sistema: creare una rete “adattiva” di tipo mesh (utilizzata ormai anche in ambito domestico) che grazie all’intelligenza artificiale possa capire quale tipo di tecnologia o protocollo di comunicazione applicare in base della situazione ambientale.
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Il sistema brevettato da Wsense non ha posto l’attenzione solamente sulla tecnologia Wi-Fi implementata, ma anche sull’abbattimento di costi e consumi dei dispositivi impiegati per rendere il processo di rilevazione dell’ecosistema marino il più vasto e completo possibile.
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