La ormai famosa “mascherina dei Vip”, la U-Mask, è finita sotto l’occhio vigile dell’Antitrust dopo le recenti controversie nate dalle segnalazioni di una ditta concorrente.
Dopo la recente querelle televisiva con Striscia la notizia, anche l’attenzione dell’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) è andata a posarsi sulle famose U-Mask.
Pubblicizzate da grandi marchi automobilistici e da molti volti noti, promettono un utilizzo prolungato del filtro con una protezione in percentuale molto elevata.
Già a fine Gennaio la Procura di Milano aveva disposto il sequestro del prodotto in 10 farmacie lombarde e nella sede di U-Mask per verifcare la reale capacità di filtraggio delle mascherine e comprovare la veridicità delle informazioni dichiarate dal produttore.
Proprio le azioni giudiziarie della Procura erano seguite alla segnalazione di un’azienda concorrente, che possedeva dei documenti che attestavano le reali capacità delle note mascherine intorno al 70-80% contro quello effettivamente dichiarato.
Dai dati raccolti in questa documentazione, U-Mask avrebbe avuto quindi un efficacia addirittura più bassa delle classiche omologhe chirurgiche.
Secondo Altroconsumo, però, le mascherine U-Mask sarebbero invece conformi alla loro certificazione. Dai test condotti dalla rivista dell’Associazione di difesa dei Consumatori emergerebbe una percentuale di filtrazione batterica al 98% con una respirabilità al suo interno decisamente buona.
Prendendo in esame le verifiche fatte, le caratteristiche della mascherina rimarrebbero pressoché invariate anche dopo 5 lavaggi a 60°, portando quindi l’effettivo utilizzo oltre le 150-200 ore dichiarate.
L’Antitrust ha avviato un procedimento contro la U-Earth Biotech Ltd (società che produce U-Mask) ritenendo non eque e corrette le modalità in cui avverrebbe la pubblicità del prodotto. A detta dell’AGCM, infatti, porterebbe gli acquirenti a comprare il prodotto a prezzi elevati promettendo risultati migliori delle altre mascherine.
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Le pubblicità in questione – secondo le contestazioni dell’Autorità Garante – sarebbero veicolate in modalità ingannevoli e aggressive, inducendo l’acquisto di un prodotto che punta su qualità altamente enfatizzate e ben al di sotto delle aspettative. Traendo vantaggio dal contesto di diffusa emergenza sanitaria.
Escludendo le verifiche di Altroconsumo, quindi, i livelli di beneficio portati dalla mascherina documentati all’Antitrust (durata e qualità del filtro) non sarebbero comprovati da riscontri effettivi.
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Secondo la rivista dei consumatori, invece, il reale problema sarebbe riconducibile alla sola comunicazione: l’azienda porta a credere che il grado di filtraggio del proprio prodotto possa essere superiore a quello di una mascherina chirurgica.
Nel sito della U-Mask si legge, infatti, che questa “ha un’efficienza superiore, paragonabile a un FFP3”. Peccato che – sempre dalle informazioni riportate da AGCM – la mascherina sia certificata come una normalissima mascherina chirurgica.
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