La variante inglese e quella sudafricana tengono occupati i ricercatori. Dopo quello di Pfizer, anche il vaccino di Moderna dà risposte incoraggianti, ma i test sono solo all’inizio.
Buone notizie sul fronte vaccino anti-Covid. Stando ai risultati dei primi test, il farmaco di Moderna avrebbe mostrato una protezione abbastanza rassicurante nei confronti delle varianti inglese e sudafricana del virus. Entrambe le mutazioni preoccupano sia per la superiore contagiosità rispetto al ceppo di partenza che per un’eventuale resistenza ai vaccini disponibili attualmente.
Gli antidoti di Pfizer/BioNTech e Moderna, come gli altri in fase di messa a punto, sono stati creati come difesa verso le varianti in giro da inizio pandemia. Successivamente, la recente comparsa delle mutazioni inglese e sudafricana ha subito destato preoccupazione: si sa che possono avere un tasso di contagiosità fino al 70% superiore. Sono anche in grado di aggirare il vaccino? I primissimi test, con tutti i loro limiti, hanno dato risposte incoraggianti. Vediamo cosa vuol dire.
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Variante inglese sotto controllo anche con Moderna. Più dubbi su quella sudafricana
La ricerca è basata su otto campioni di sangue prelevati da persone tra i 18 e i 55 anni, che hanno ricevuto prima dose e richiamo del vaccino di Moderna. Lo studio non è conclusivo e deve ancora essere revisionato, ma gli scienziati hanno potuto osservare che gli anticorpi generati riconoscono e combattono il virus anche nelle varianti inglese e sudafricana. Probabilmente la risposta è migliore per la mutazione isolata per la prima volta in UK e questa differenza fa pensare che forse la protezione dalla variante africana possa scadere più in fretta.
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Al momento, il team di ricerca di Moderna è in laboratorio per capire se una terza dose di vaccino possa avere ragione del virus. L’alternativa è continuare a sviluppare un farmaco “su misura” per la variante sudafricana, inizialmente ritenuta la meno pericolosa. Il Ceo della casa farmaceutica, Stephen Bancel ha sottolineato l’importanza di mantenere un atteggiamento “proattivo verso un virus che continua ad evolversi“.