WhatsApp ha rassicurato tutti riguardo alle nuove policy sulla privacy che entreranno in vigore a partire dal prossimo 8 febbraio. Ma il vespaio di polemiche non si è placato affatto. A tal punto che il Garante per la protezione dei dati ha deciso di aprire un’indagine sull’ultimo aggiornamento della società di Menlo Park.
Nemmeno la “barriera” della GDPR (General Data Protection Regulation), quel rigido regolamento generale che disciplina nell’Unione Europea il modo in cui le aziende e le altre organizzazioni trattano i dati personali convince il Garante, secondo cui non è ancora possibile – per gli utenti – capire quali siano le modifiche introdotte, né comprendere quali trattamenti di dati saranno effettuati dopo l’8 febbraio. Tanti, anche se non tantissimi, gli utenti che, nel dubbio, hanno deciso la lasciare WhatsApp, direzione Telegram o Signal.
Fate vobis con WhatsApp: la crittografia a salvaguardia della privacy?
Sul polverone degli ultimi giorni, è intervenuto anche Kaspersky, l’azienda russa con sede a Mosca fondata nel 1997 e specializzata nella produzione di software progettati per la sicurezza informatica.
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“Niente è mai veramente gratuito e, purtroppo, l’attuale modello di business per i servizi gratuiti significa che, essenzialmente, il paghiamo con i nostri dati”. La pensa così Anna Larkina, senior researcher presso Kaspersky. “I social network, alcuni servizi di messaggistica istantanea e i motori di ricerca guadagnano attraverso la pubblicità, e più è personalizzata meglio è. Facebook e altre aziende lo fanno già da qualche anno attraverso i propri servizi – prosegue – la buona notizia è che la maggior parte delle aziende, inclusa Facebook, sono trasparenti in merito alle proprie policy”.
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Kaspersky, azienda leader nello sviluppo e vendita di antivirus, sicurezza Internet, gestione password, sicurezza endpoint e altri prodotti e servizi di sicurezza informatica, dunque, non entra a gamba tesa sulle nuove policy sulla privacy di WhatsApp, ma punta sul libero arbitrio. “WhatsApp non legge le conversazioni perché utilizza la crittografia end-to-end. Tutto quello che stanno tracciando sono informazioni tecniche e di account. L’integrazione tra Facebook e WhatsApp – assicura – continuerà e gli utenti dovranno decidere con quale livello di condivisione delle informazioni si sentono a proprio agio e quali applicazioni di messaggistica preferiscono. Fortunatamente esiste un’ampia varietà di piattaforme di messaggistica alternative e attualmente gli utenti possono decidere autonomamente quello che è meglio per loro”.
Un caso, dunque. E la sua soluzione più semplice e semplicistica: fate vobis. Ma le domande rimangono. Cosa deciderà il Garante? Continuerà la “migrazione del popolo di WhatsApp“? E soprattutto, cosa accadrà dopo l’8 febbraio?