Un fungo radioattivo di Chernobyl potrebbe aiutare gli astronauti ad andare su Marte. Sembrerà un fatto bizzarro ma questo è quanto emerso a seguito di un’accurata analisi che ha identificato sul luogo del tristemente noto disastro nucleare in Ucraina del 1986, ben 200 specie di funghi viventi, che hanno proseguito il loro ciclo vitale nonostante le ingenti quantità di radiazioni che hanno assorbito dopo l’esplosione del reattore. Il fungo radioattivo di Chernobyl a cui stanno lavorando gli scienziati è in particolare il Cladosporium sphaerospermum, già tra l’altro consegnato all’Iss, la Stazione Spaziale Internazionale, per testare la sua capacità di fermare le radiazioni cosmiche. E i primi dati emersi sarebbero decisamente meritevoli d’attenzione, in quanto gli strati del fungo sembra possano essere utilizzati per proteggere appunto gli astronauti nello spazio, e di conseguenza, per andare alla conquista di Marte. Il fungo in questione ha uno spessore di circa 21 centimetri, e sarebbe appunto in grado di annullare la maggior parte delle radiazioni marziane: vedremo se nei prossimi anni si potrà realmente sfruttare o meno per la missione della Nasa.
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Intanto, rimanendo in quel di Chernobyl, un studio recente pubblicato sulla rivista Environment International, ha evidenziato come il livello di radioattività nella zona sia ancora elevatissimo, nonostante dal disastro siano passati 34 anni. Analizzando grano, segale, avena e orzo raccolti fra il 2011 e il 2019, e coltivati nel distretto di Ivankiv, a circa 50 chilometri dalla centrale nucleare e fuori dalla cosiddetta “zona di esclusione”, è stato rilevato un livello anomalo di stronzio 90 e di cesio 137. Stessa situazione scoperta anche nei campioni di legno raccolti nella regione fra il 2015 e il 2019, dove il livello di radioattività è risultato ben al di sopra del limite di sicurezza. In Ucraina, subito dopo il disastro, sono state milioni le persone che non hanno voluto abbandonare le proprie case al di là della zona di esclusione, nonostante il rischio palese di radioattività, e negli ultimi 34 anni hanno quindi continuato ad assorbire radiazioni nocive in quantità ingenti.
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