Un cane-robot che rileva il livello di radiazioni in seguito al disastro del 1986. Chernobyl ancora una zona fortemente radioattiva.
L’area che circonda i reattori nucleari di Chernobyl, dopo l’esplosione, rappresenta una delle zone più pericolose al mondo. Come molti sanno, il fatto che siano trascorsi poco più 34 anni dall’incidente, non significa che le radiazione si siano totalmente dissolte. Oltretutto, l’incendio divampato nell’aprile di quest’anno ha nuovamente preoccupato gli scienziati.
I nati fra gli anni ’80 e ’90 non potranno ricordare la vicenda. D’altra parte, nell’aprile del 1986, le informazioni giungevano in maniera vaga. Per fortuna, la serie Chernobyl ha potuto mettere in luce gli illogici eventi che si sono susseguiti quella notte del 26 aprile.
POTREBBE INTERESSARTI –> Bonus pc e tablet, i rivenditori si appellano al Tar: l’incentivo rischia di saltare
La difficoltà di monitorare il livello di radiazioni
Come già spiegato, nessun essere umano “dovrebbe” accostarsi ai reattori di Chernobyl. È per questo motivo che è stato testato un cane-robot per analizzare i livelli di radioattività. Si chiama Spot e, insieme ad un gruppo d’ingegneri dell’Università di Bristol, ha recentemente visitato la centrale ucraina dismessa. Il rischio per gli ingegneri era basso. Lo scopo era mettere alla prova Spot.
L’itinerario prevedeva l’area circostante i reattori e la struttura New Safe Confinement, la grande cupola in acciaio installata sul reattore 4, per evitare la diffusione delle radiazioni più nocive. Nel reattore 4 si trova il “piede d’elefante”, una massa di materiale altamente radioattivo.
Il compito di Spot era quello di realizzare una mappa tridimensionale dell’area esplorata ed esaminare la diffusione di radionuclidi. Il team di ingegneri ha anche disposto dei droni e scanner azionati a distanza. L’aiuto della tecnologia in contesti così pericolosi diventa fondamentale. Ne è dimostrazione il cane-robot progettato dalla famosa società di robotica statunitense Boston Dynamics.
POTREBBE INTERESSARTI –> Lockdown, la bufala della chiusura per il 2 novembre gira per Facebook